Alfio Antico

Dio Tamburo

 
Alfio Antico è il mastro Geppetto della world music. I suoi burattini sono i tamburi. Li forgia in forme differenti, con pelli diverse, li ricama, li “alliscia” e – unico e rarissimo caso al mondo – riesce a dare loro una voce, un cuore e un’anima. | Giuseppe Attardi

 
Alfio Antico è fuor di dubbio una leggenda vivente. La sua storia artistica è intrinsecamente legata alla sua storia personale; in lui non esiste alcuna scissione tra il suo vissuto e il suo essere artista. Le sue liriche, la sua voce, la sua mano sul tamburo formano uno strumento musicale unico. Non esistono in lui virtuosismi fini a sé stessi; la sua esibizione è la rappresentazione fedele di sé stesso e del suo mondo ancestrale, mai passato. Alfio Antico va all’essenza senza rincorrere virtuosismi o arrangiamenti sofisticati; i suoi racconti sono protagonisti, il suono del suo tamburo è l’alfabeto con cui costruisce la sua narrazione. Possiede più di 200 tamburi, tutti rigorosamente costruiti e intarsiati da lui, a mano. Ogni tamburo rappresenta un momento della sua vita e ogni tamburo è presente in scena con la sua personalità e il suo suono unico.

 

Un po’ di storia

Nato in Sicilia a Lentini, Alfio Antico è riuscito a costruire uno stile musicale unico grazie alle sua conoscenza e ai suoi profondi legami con la tradizione e alla sua grande creatività, diventando così il più grande portavoce al mondo del suo strumento. Fino a 18 anni ha vissuto lavorando come pastore, circondato dalla natura e in profonda connessione con questa, assorbendo le storie e le leggende raccontate dalla nonna, ma anche le tecniche strumentali diventate poi il suo marchio di fabbrica e, molto spesso imitate. La voce del vento, il suono degli animali, delle campane, i racconti degli anziani e una terra popolata da millenni, con profondi legami con l’antica Grecia sono solo alcuni elementi del suo stile. Alfio però non è soltanto l’uomo che conserva la tradizione ma anche l’artefice della sua proiezione nella modernità e, la sua scelta di diventare musicista professionista, era esattamente ciò a cui aspirava. Bastò un solo incontro, una jam in Piazza Della Signoria a Firenze, per fare sì che Eugenio Bennato “scoprisse” Alfio e lo scegliesse come membro del suo gruppo Musicanova insieme a Teresa De Sio, contattandolo, in un’epoca in cui non esistevano social, con una lettera al comune di Lentini per avere un suo recapito. Da allora Alfio Antico è diventato un musicista professionista, in studio e in tour con alcuni dei più grandi della musica italiana, da Lucio Dalla a Fabrizio De Andrè, senza scordare Vinicio Capossela, suoi i tamburi ne “Il Ballo Di San Vito”, Carmen Consoli, Peppe Barra e la Nuova Compagnia Di Canto Popolare ancora i lavori teatrali al fianco di nomi come Giorgio Albertazzi. I suoi ritmi incredibili fanno da sfondo per testi, sempre poetici, con una vena pastorale in cui anche la parola si fa suono. Anche i suoi strumenti hanno un’anima e li costruisce dall’inizio, utilizzando vecchi setacci e i cimbali che sono presenti sui tamburi, le decorazioni che riprendono temi zoomorfi, pattern quasi tribali, immagini di fantasia dell’autore.

 

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